Quali distanze e come percorrerle?

Il Festival della comunicazione non ostile, organizzato a Trieste dall’Ashoka Fellow Rosy Russo, quest’anno ci ha portato a riflettere sulle distanze. Distanze che, e in cui, tutti viviamo ogni giorno, più o meno comodamente. Distanze misurate in metri, centimetri, millimetri e altre volte attraverso le emozioni. Distanze la cui misura varia a seconda del punto da cui guardiamo il mondo.

Russo

Gli argomenti del Festival della comunicazione non ostile, nelle giornate del 26 e 27 maggio, sono stati numerosi; differenti per protagonisti e formati: attivisti, influencer, docenti, attori, giornalisti e speech, interviste, panel, lezioni magistrali. Si è parlato di generazioni a confronto; progetti sociali nelle carceri minorili e femminili, in cui ha avuto voce anche l’Ashoka Fellow Luciana Delle Donne con il suo Made in Carcere; privacy, sicurezza online, intelligenza artificiale, futuro digitale; parole che accolgono e integrano persone con neurodivergenze e rappresentazione delle diversità sui media mainstream; conflitti internazionali e di come li percepiamo in base al concetto di prossimità; cambiamento climatico, attraverso un panel a cui ha preso parte anche la Giovane Changemaker di Gen C e attivista per il clima Sofia Pasotto. Una moltitudine di prospettive che ha permesso di parlare di distanze osservando i vari punti di vista che compongono, con natura prismatica, il tema. 

Tra queste prospettive la lectio magistralis dedicata ai partner di Parole O_Stili è stato uno spunto privilegiato per riflettere sulle distanze, grazie al prezioso intervento del coach, inspirational speaker, giornalista ed ex amministratore delegato della Scuola Holden Mauro Berruto. Davanti a una platea composta da “allenatori” che in organizzazioni no profit e for profit lavorano in team, ha invitato all’egoismo di squadra, sottolineando l’importanza dei movimenti collettivi per guidare e guidarsi al raggiungimento di un obiettivo; proprio come nella pallavolo, sport di relazione per eccellenza, dove qualunque dimensione tecnica passa attraverso una relazione di interdipendenza rispetto al proprio compagno o compagna e rispetto a qualcosa che è stato prima e ciò che avverrà subito dopo. Difatti la pallavolo è "espressione di necessaria azione collettiva", in quanto è l'unico sport a prevedere che il passaggio sia obbligatorio per regolamento. 

Ciò senza mai dimenticare di interpretare il contesto e, all’eventuale sorgere di un problema, trasformarlo in un meccanismo infallibile: una molla che permette di fare una prestazione inimmaginabile. Questo atteggiamento si traduce in pratiche che consentono alle persone di entrare in sinergia con altri condividendo visione e valori, di essere riconosciute nella loro interezza, di risvegliare ed esprimere il proprio potenziale, di essere interconnesse in un perenne ascolto generativo, di guardare le cose adottando più sguardi. In altre parole, consente di condividere una leadership distribuita e avere un proposito evolutivo sistematico e in comune, guardando all’organizzazione come un organismo o, ricordando le parole di Berruto, come una squadra. 

Un modello, quello della leadership condivisa, che in un mondo VUCA (volatile, incerto, complesso, ambiguo) è necessario abbracciare per far fronte alla complessità e sperimentare nuovi modi di stare insieme. Una via per percorrere le distanze, basandosi su principi di cooperazione, consapevolezza, responsabilità, fiducia, crescita personale e professionale di ogni membro del team, con l’obiettivo condiviso di lavorare insieme per crescere noi stessi e le prossime generazioni come attori di cambiamento, changemaker. 

In un tale contesto e con gli strumenti fondamentali per creare una squadra affiatata, capace di lavorare insieme verso un obbiettivo comune, un’ultima riflessione da avanzare è rivolta all’allenatore. Non un motivatore, perché creerebbe legami di dipendenza con i giocatori, ma piuttosto un educatore, e quindi un leader visionario, in grado di creare le condizioni affinché il talento di ciascun membro possa essere espresso nel potenziale e che capace nell’aiutare il proprio team ad avere una cassetta degli attrezzi che gli permetta di fare da soli, diventando allenatore di sé stessi, ma all’interno di un “sogno condiviso”.