#BeInspired - Christina Fialho

be inspired christina fialho
Sorgente: be inspired christina fialho

#BeInspired! Lasciati ispirare dalle migliaia di storie uniche, le trame che costituiscono la rete globale di Ashoka. Questa settimana ti presentiamo…


 

Nome: Christina Fialho
Paese: USA
Tema: Immigrazione / Diritti Umani

 

Negli Stati Uniti gli immigrati irregolari di qualunque tipo, che siano richiedenti asilo, genitori di bambini nati negli USA, vittime di traffico umano o di tortura, vengono sottoposti a detenzione temporanea in attesa di essere regolarizzati o deportati. Nel frattempo però vengono sottoposti ad abusi di ogni tipo, spesso insabbiati dalle 3 grandi holding che gestiscono i centri di detenzione e traggono profitto da ogni essere umano che vi è imprigionato. Questo sistema, che costa ai contribuenti 5 miliardi di dollari all’anno, non si accorda agli standard internazionali sui diritti umani ed espone ad abusi centinaia di migliaia di persone ogni anno.

Christina Fialho non solo lavora per far luce su questi abusi ma anche per dimostrare che esistono modelli alternativi, più umani e sostenibili, per la gestione dei flussi migratori.

Figlia e nipote di immigrati portoghesi, Christina è sempre stata sensibile al tema dell’immigrazione: dopo il college ha lavorato con la Fellow di Ashoka Jane Leu in Upwardly global, un’iniziativa che aiuta gli immigrati ad entrare a contatto con il mondo del lavoro. Forte di quell’esperienza ha cominciato a sviluppare una soluzione complementare al problema della gestione e dell’integrazione di queste persone. Dopo il blitz in casa e l’arresto di un amico del padre da parte dell’ICE (Immigration and Customs Enforcement), Christina decide di agire e lancia insieme alla sua socia Christina Mansfield un programma di visita ai centri di detenzione, chiamato CIVIC (Community Initiatives for Visiting Immigrants in Confinement).

 

 

CIVIC oggi coinvolge un network di oltre 1400 volontari che visitano regolarmente 43 dei principali centri di detenzione in 19 paesi, raccogliendo le storie dei migranti trattenuti e denunciandone gli abusi subiti. Inoltre grazie alla sua hotline attiva in oltre 210 centri di detenzione, riesce a raccogliere segnalazioni da altre parti del paese.  

Ma la sua strategia non si ferma qui: CIVIC ha anche lanciato un progetto pilota, PRAP (Post Release Accompaniment Program). Si tratta di una comunità di accoglienza, situata in California, all’interno della quale convivono migranti e volontari, e che fornisce loro alloggi, trasporti, consulenza legale e una piccola assistenza finanziaria, oltre a metterli in contatto con altre organizzazioni e reti di supporto per permettergli di cominciare una nuova vita come cittadini statunitensi.

Christina attraverso un’attenta rendicontazione sta dimostrando come questo modello di accoglienza sia non solo più efficace e umano, ma anche più conveniente economicamente. Il suo obiettivo è quello di stimolare il sistema ad assorbire l’intera domanda quotidiana di accoglienza attraverso questi modelli, ponendo fine ai centri di detenzione.

Il sistema della detenzione è stato costruito sulla paura, quindi la nostra unica speranza è di dissolvere quella paura con la verità: il sistema e tutti quelli coinvolti, hanno fallito. Ci sono alternative alla detenzione che non solo sono più umane, ma sono anche meno costose. La prospettiva di costruire un paese in linea con i nostri valori di libertà e dignità umana non sembra più tanto lontano.

Parole che risuonano come un faro di speranza se pensiamo alle politiche adottate finora dall’amministrazione Trump. Ma non dimentichiamoci nemmeno di casa nostra: il “2 febbraio scorso il primo ministro italiano e [quello] libico hanno firmato un memorandum d’intesa per fermare l’arrivo dei migranti in Europa”. Come se bastino delle prigioni in stile Guantanamo per impedire che migliaia di persone rischino la vita, viaggiando in condizioni disumane, per sfuggire dalla guerra, dalla povertà e dalla mancanza di futuro. Forse l’UE invece di investire 200 milioni per potenziare la flotta libica, ingrassando le industrie della difesa e della sicurezza, avrebbe potuto potenziare i Centri di Accoglienza: le buone pratiche esistono e sono sotto gli occhi di tutti. Cosa stiamo aspettando?