Nuove percezioni per diventare nuovi insegnanti: la nuova sfida Changemaker

IL FUTURO SIAMO NOI
Source: ASHOKA ITALY

Valeria Angelini, insegnate Changemaker di Scuola-Città Pestalozzi racconta cosa significa essere Scuola Changemaker e il percorso intrapreso verso una educazione che curi l’empatia, le relazioni interpersonali, il riconoscimento e la gestione delle emozioni. 

Quando, nel 2017, Scuola-Città Pestalozzi è stata selezionata come scuola changemaker essere una scuola portatrice di cambiamento rappresentava una volontà, un'opportunità. Sentivamo il privilegio di portare questa bandiera sapendo, in fondo, che questa era una scelta della scuola. Avevamo scelto, e chi ci ha preceduto aveva scelto prima di noi, che la scuola avrebbe dovuto essere il luogo primo per formare ed educare le future donne e i futuri uomini. Educandoli affinché potessero sentire di essere i veri portatori del cambiamento per un futuro migliore. Ma sapevamo che non era questa una visione e un sentire sempre condiviso o realmente compreso. Era, appunto, una volontà. 

Oggi essere una scuola changemaker è diventata una necessità. Necessità come condizione di ciò che è necessario. È necessario che la scuola diventi altro. E la condizione perché questo accada è che sia essa stessa portatrice di cambiamento, che ogni docente e ogni dirigente senta di essere in cambiamento per il cambiamento. Una parte di un tutto sapendo che il tutto è molto di più della somma delle parti. 

Scuola-Città Pestalozzi ha scelto la relazione come chiave del cambiamento per il futuro. Sappiamo che non possiamo limitarci a pensare la relazione come qualcosa che si possa insegnare, né qualcosa a cui si possa dedicare un unico, piccolo, momento nell’arco del tempo della scuola. 

La relazione ha bisogno di lentezza e continuità per potersi costruire e far conoscere, si crea ogni giorno e, soprattutto, si crea tutti insieme. Ed è su questo tutti, come abbiamo già affermato, che vale la pena soffermarsi, verso questo tutti dovremmo porgere la nostra attenzione e la nostra cura. 

Al movimento circolare della relazione appartengono sì l’insegnante con i suoi alunni, ma questo cerchio nasce, prima di ogni luogo, nella relazione tra pari perché “ Non si insegna quello che si sa o quello che si crede di sapere: si insegna e si può insegnare solo quello che si è.” (J.L. Jaurès) 

E forse questa pandemia ci ha davvero messo di fronte a quello che abbiamo sempre saputo ma non avevamo mai avuto modo di toccare con mano: ognuno di noi ha bisogno dell'altro. Ne ha bisogno per sentirsi completo nel proprio procedere. Ha bisogno dell’altro per definirsi. L’uomo è un uomo-nella-relazione. E la scuola non fa eccezione. 

E la scuola, come la società, aveva dimenticato questa evidenza. Ed è ora che ne sente la mancanza nasce la necessità. Stare insieme non è più per la scuola occupare uno stesso ambiente. Il significato di stare insieme ha recuperato tutte le sfumature e le piccole cose che lo trasformano in stare in relazione. 

Portiamolo questo cambiamento. Ascoltiamo ed ascoltiamoci. Dovremmo forse cercare di passare dall’educazione dell’occhio, una cultura del guardare e del vedere il mondo ma che mi pone quasi fuori da questo, ad una educazione dell’orecchio, una cultura del sentire: sentire il nostro mondo esterno e il mio mondo interno. Forse questo sarà il nuovo veicolo di conoscenza, la nuova sfida changemaker. Imparare ad usare nuove percezioni per diventare nuovi insegnanti. 

Nella nostra scuola l’educazione affettivo-relazionale ha la rilevanza di disciplina e un proprio curricolo inserito nel PTOF. Ha, nelle proprie finalità, la formazione sul piano del saper essere e dell’imparare a vivere insieme: guida l’alunno ad avere una consapevole percezione di sé, a conoscersi per modificarsi; a sostenere le proprie idee ed essere disponibile al confronto con altri punti di vista. Una scuola incentrata sull’educazione affettiva e sulla vita comunitaria pone al centro di tutte le attività della scuola un'attenzione precisa per la persona e la sua formazione, sia nelle attività proprie della didattica, sia relativamente alle interazioni con il mondo esterno. Crediamo nella centralità di una educazione che curi l’empatia, le relazioni interpersonali, il riconoscimento e la gestione delle emozioni. 

Siamo convinti che la scuola debba iniziare un nuovo cammino partendo dal cambiamento che la cura della relazione, insieme alle altre competenze changemaker, può generare nelle future generazioni un cambiamento di sistema che nasce da un cambiamento personale, nel ripensarsi come docente e come membro di un gruppo che agisce insieme per l’educazione di una umanità più umana.